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Discarica ex SEV: «Pericolo per la falda a Padernello di Paese (TV)» Zanoni porta il caso all’attenzione della Commissione europea.

L’eurodeputato Andrea Zanoni presenta un’interrogazione alla Commissione europea per chiedere di verificare eventuali violazioni della normativa Ue. «È ora che venga applicato senza sconti il principio “chi inquina paga”»

 

«L’Ue contatti le Autorità locali per verificare eventuali violazioni alla normativa comunitaria e in particolare il rispetto del principio “chi inquina paga”, previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea». Lo chiede Andrea Zanoni, eurodeputato del gruppo ALDE (Alleanza dei Liberali e Democratici Europei), membro della Commissione ENVI Ambiente, Salute Pubblica e Sicurezza Alimentare al Parlamento europeo.

 

Il dito è puntato sulla discarica dismessa a Padernello di Paese (TV), in via Veccelli e gestita in passato da Servizi Ecologici Veneti (SEV) S.r.l., ora fallita. L’impianto era classificato in origine come discarica per rifiuti inerti ma, in un secondo tempo, alla Società è stata rilasciata l’autorizzazione allo smaltimento di rifiuti di amianto, poi sospesa nel 2001 per irregolarità gestionali.

 

La stessa autorizzazione è stata ripristinata dalla Provincia di Treviso nonostante il permanere delle irregolarità. In seguito allo svolgimento di un’indagine sulla struttura ora denominata “Ex Nuova ESA”, tra Marcon (VE) e Mogliano Veneto (TV) per irregolarità nella gestione dei rifiuti, il Corpo Forestale dello Stato aveva scoperto l’illecito conferimento tramite mezzi pesanti di rifiuti non conformi, in parte tossico-nocivi nella discarica di via Veccelli.

 

Dall’autunno del 2001 all’aprile del 2002, sono stati conferiti circa 25.000 metri cubi di rifiuti. I campionamenti effettuati dall’Agenzia regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto (ARPAV) sulle acque della falda acquifera sottostante la discarica, hanno fatto emergere dati anomali in relazione a temperatura, conducibilità, presenza di solfati, cloruri, ferro, manganese e boro.

 

«Dalla chiusura della procedura fallimentare della Società a dicembre 2010, con debiti scoperti per 15 milioni di euro, nulla è stato fatto da alcuna Autorità al fine di provvedere alla bonifica dei rifiuti del sito – spiega Zanoni – C’è grande preoccupazione e indignazione nei cittadini e l’associazione ambientalista Paeseambiente è intervenuta presentando un esposto al Nucleo Operativo Ecologico (NOE) dei Carabinieri di Treviso».

 

«La Commissione europea non ritiene opportuno contattare le Autorità locali al fine di verificare eventuali violazioni della normativa Ue di settore nella vicenda in esame? Non intende in particolare verificare il rispetto di quelle norme che si richiamano al principio “chi inquina paga” previsto dall’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea? Sempre la Commissione può chiarire le ragioni del mancato inserimento della discarica in esame tra quelle prese in considerazione ai fini del deferimento del 24 ottobre 2012 dell’Italia alla Corte di Giustizia UE (procedura d’ infrazione 2003/2077) per la mancata attuazione della sentenza della Corte stessa del 26 aprile 2007 (causa C-135/05)?», chiede l’eurodeputato nella sua interrogazione parlamentare.

 

 

BACKGROUND

 

A febbraio scorso, i Carabinieri di Sarnico (BG) hanno eseguito un’ordinanza di carcerazione emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Bergamo (BG). Ettore Brignoli, 68 anni di Villongo (BG), legale rappresentante della “Calepio scavi Spa” di Credaro (BG), è stato portato in carcere dove deve scontare un cumulo pene di 7 anni.

 

A Paese (TV), tramite Servizi Ecologici Veneti Srl (SEV), Brignoli aveva rilevato le discariche di via Veccelli e Tiretta, nella frazione di Padernello (TV) e la discarica a Marini di Castagnole (TV), oltre ad essere titolare del centro trattamento rifiuti di Motta di Livenza (TV).

 

Il 26 novembre 2010, il Tribunale di Treviso ha decretato la chiusura del fallimento della SEV, con un buco di 15 milioni di euro. I soldi rimborsati sono stati solo 319 mila euro, ovvero il 2 per cento dell’enorme buco, distribuiti ad appena 13 creditori su 49. Oltre al danno economico, Brignoli a Paese ha lasciato un disastro ambientale provocato dalle discariche della società amministrata. Il curatore fallimentare ha potuto solo prenderne atto, ufficializzando il passaggio formale alla comunità degli oneri della bonifica dei siti.

 

Nel settembre 2011, davanti al Giudice per l’Udienza Preliminare Bianca Maria Bianchi, Brignoli aveva patteggiato quattro anni per bancarotta fraudolenta, in continuazione con la condanna per frode fiscale sempre riguardo il fallimento della “Calepio scavi” del luglio 2008. In quel fallimento si era lasciato dietro debiti per decine di milioni di euro e un raggiro, a detta degli inquirenti, di circa 10 milioni di euro nel quale finirono altri creditori, tra cui il Fallimento “Calepio Scavi Spa” con il curatore Mario Papalia e il Fallimento “Bergamo scavi”, che si sono costituiti parte civile. Il GUP, nel gennaio 2012, ha disposto il risarcimento da quantificare in sede di processo civile.

 

 

 

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