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REPLICA ALLE DICHIARAZIONI DEL DOTT. MORO DELLO SPISAL DELL’ULSS 7, RIPORTATE A PAGINA 2 DELLA “TRIBUNA DI TREVISO” DEL ’06/16/05, DAL TITOLO: “FIBRA MICIDIALE PER I TUMORI DIPENDE DALLA CONCENTRAZIONE”.

Treviso, 16 giugno 2005 – Alla Tribuna di Treviso. Gradirei poter replicare a quanto affermato dal Dottor Giovanni Moro, direttore dello SPISAL dell’Usl 7 di Conegliano, nell’articolo dal titolo “Fibra micidiale per i tumori dipende dalla concentrazione” , in particolare alla seguente risposta: “E’ quindi pericolosa una cava di amianto ? Con le disposizioni di legge attuali che obbligano alla verniciatura e all’isolamento, non è più pericolosa di un capannone coperto con centinaia di metri quadrati di eternit esposti alle intemperie”. Esistono documenti tecnici, pareri ministeriali ufficiali, giurisprudenza di merito, di seguito riportati, che sanciscono che i tumori ai polmoni possono essere causati anche da una sola fibra di asbesto o da singole esposizioni, ovvero il mesotelioma non è dose correlato, pareri quindi che differiscono fortemente da quanto affermato dal Dott. Giovanni Moro. In una relazione dei dottori Gagliardi, Fiorenza, Stornelli e Tiburzi della Cattedra di Medicina Legale e delle Assicurazioni dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, del ’10/23/2002, dal titolo “CONSIDERAZIONI MEDICO – LEGALI IN TEMA DI PATOLOGIE CORRELATE ALL’ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO. ASPETTI NORMATIVI E GIURIDICI.”, pubblicata sul sito internet dell’INAIL: www.inail.it (e su www.paeseambiente.org), in merito al mesotelioma pleurico viene scritto che “tale patologia non è dose correlata, essendo sufficiente l’inalazione di una sola fibra a provocare la malattia neoplastica, motivo per cui è praticamente impossibile ricondurre il contatto con quella singola fibra all’attività lavorativa svolta.” La Corte dei Conti con sentenza del ’05/05/2005, pubblicata da pochi giorni, ha fatto proprio il parere dell’U.M.L del Ministero della Salute, reso con relazione n. U.IX/113772/443P del ’01/12/2005, affermando che “Per quanto riguarda l’esposizione all’asbesto, in particolare recenti indagini epidemiologiche considerano a rischio per l’insorgenza di adenocarcinoma polmonare anche una singola esposizione con indovinamento bronchiale della polvere di asbesto.” Nel verbale della Commissione Tecnica Provinciale per L’Ambiente della Provincia di Treviso del ’11/9/04, sottoscritto dal Presidente Leonardo Muraro, relativo al diniego della discarica di rifiuti di amianto di Falzè di Sernaglia della Battaglia, si legge che “il rappresentante dell’ULSS n.7 ha sottolineato che la discarica di rifiuti di amianto va ascritta fra le attività insalubri di prima classe di cui al Testi Unico delle Leggi Sanitarie”, inoltre l’ULSS n.7, con parere del ’09/24/2003, ha scritto che “la nuova attività comporterà un peggioramento generale della qualità della vita ed un possibile incremento del rischio di salute per i residenti nei pressi del sito”. Nel suddetto verbale si legge inoltre che: “Sotto il profilo del rischio connesso alla manipolazione dei materiali contenenti amianto il rischio può essere apprezzabile (e quindi non nullo) anche a livello di fibre disperse inferiori al limite di rilevabilità delle metodiche di monitoraggio previste dalla norma”. In merito al fatto che la discarica sarebbe rischiosa quanto ad un capannone di eternit di alcune centinaia di metri quadri, va ricordato al Dott. Moro che questo cratere di Paese potrà contenere la bellezza di 460.000 metri cubi circa che approssimativamente possono corrispondere 9 milioni e 200 mila metri quadrati di rifiuti di tetti demoliti di eternit, pari ad una superficie di 920 chilometri quadri, ovvero un tetto continuo che potrebbe coprire ininterrottamente la superficie di 40 comuni della nostra provincia. Risulta inoltre doveroso sottolineare che il paragone tetto/discarica risulta fortemente inappropriato anche sotto un punto di vista tecnico: mentre un tetto di un capannone può rilasciare fibre di amianto solo se friabile e solo se sottoposto a rotture, i tetti di eternit demoliti proprio perché sottoposti a varie sollecitazioni (rotture da smontaggio, deposito su pallets, operazioni di carico, trasporto e scarico, ubicazione sul sito) sono fonti di elevata dispersione di fibre. La conferma di ciò arriva anche dalla succitata relazione della Cattedra di Medicina Legale e delle Assicurazioni dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” dove si afferma che: “le procedure di dismissione dell’amianto, ancorché eseguite nel rispetto delle normative vigenti e, quindi, con massima protezione individuale degli addetti, potrebbe avere, comunque, determinato una abnorme dispersione di cancerogeni nell’ambiente, favorendo l’estensione della patologia alla popolazione finora considerata non a rischio”.Restando a disposizione per qualsiasi chiarimento in merito si inviano cordiali saluti. Andrea Zanoni Presidente di Paeseambiente

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